Tsiprology

Oggi si vota in Grecia e la vittoria (probabile) di Syriza concentra su Atene molte attenzioni.

Questa vignetta, per esempio, sta facendo il giro della rete (io l’ho trovata qui) e racconta con molta ironia quale sia il fascino della storia di Alexis Tsipras e del suo movimento. Che è, poi, se vogliamo, il fascino di molte storie: l’ambiguità.

alexis-tsipras

L’idea di un’Europa diversa raccontata da Tsipras al popolo greco – ma anche all’opinione pubblica degli altri paesi – sarà in grado di reggere il peso della realtà?

Siamo di fronte a una “utopia concreta” in grado di scalfire le grigie certezze di Bruxelles o, invece, all’ennesima fiammata populista (di destra o di sinistra cambia poco), destinata a bruciare in pochi mesi?

Difficile dirlo, ognuno ha la sua lettura. Ognuno, come rifletteva qualche ora fa Luca Sofri, colora  questa storia di speranze e incubi, di eroi e baubau, a seconda di giudizi e pre-giudizi.

Quel che è certo è che fino ad ora, la storia funziona, avvince, tiene inchiodato il pubblico.

Che se non ci fosse di mezzo il futuro dell’Europa, stasera ci sarebbe da sedersi placidi in poltrona, sintonizzati su qualche canale all news, con i popcorn e la coca-cola, per godersi lo spettacolo. Per vedere – come avrebbe detto il poeta – l’effetto che fa.

3 pensieri riguardo “Tsiprology”

  1. Anche a me piace sperare, ma devo ammettere che avevo apprezzato anche Zapatero, che poi non si è rivelato ‘sto granché.
    Il problema è che in Patria non abbiamo neanche la materia prima su cui appuntare le nostre speranze.

    1. Non so davvero… E ammetto di non aver letto abbastanza per dirmi documentato su syriza … La sensazione è che, tramontata l’ideologia, il problema della sinistra sia ovunque lo stesso: come conciliare ideali e concretezza.

  2. Il (grosso) problema si Syriza è la sua composizione interna. Tsipras ha un grande carisma, e questo mi pare innegabile, se lo confrontiamo a quello della classe politica media europea – basta pensare al dibattito tra candidati presidenti della Commissione. E anche qui ci sarebbe da discutere: non è anche questo una forma di personalismo, ciò che ha portato al disfacimento della politica in quanto tale e all’affermazione (di nuovo) del potere salvifico di un leader?
    Il punto è: Tsipras può fare ciò che promette? Un sondaggio che ho letto ieri (su Huff Post Greece) dice che l’83% dei greci non è per lasciare l’Unione. Anche perché una Grecia fuori dagli accordi monetari farebbe una bruttissima fine, lo sappiamo tutti. Ciò che molti greci temono (e forse lo si vedrà dai risultati che farà il partito neo-costituito To Potami, per dire, che ha preso un po’ il posto di Dimar, il quale ha, invece, appoggiato il governo sulle politiche di austerità) è che Syriza, nel suo massimalismo, faccia danni. Perché è pur sempre un partito formato da ex del KKE e fuoriusciti del Pasok: ciò vuol dire, per esempio, che dovrà pur pagare pegno ai sindacati del pubblico impiego. E come fa, riassume la gente (in esubero, perché frutto di decenni di clientelismo) che era stata licenziata? Rimette la parte di pensioni d’oro che era stata tagliata? Rimette le tredicesime, mentre chi lavora nel privato continua a essere tartassato di tasse e a non avere, praticamente, copertura sanitaria?
    Non so. Io spero che Syriza faccia bene il suo lavoro, molto bene, perché in Europa c’è bisogno di discutere e rinegoziare i parametri economici, anche per focalizzarsi su parametri diversi. Ma la mia paura è che la Grecia possa nuovamente essere parte di un esperimento sociale in cui a pagarla saranno ancora una volta coloro che non hanno mai evaso le tasse, che non hanno conti all’estero o case a Londra per i propri figli, che non hanno santi politici in paradiso che garantiscano loro un posticino pubblico o una pensione da ricchi. Tutto questo, mentre le sinistre d’Europa inneggiano a Syriza da lontano senza avere il coraggio di provare a loro volta qualcosa “di sinistra”.
    La grande amarezza di tanti greci, motivo per cui Syriza prenderà la percentuale che prenderà, è di essere stati lasciati soli. Da questa consapevolezza possono nascere i populismi peggiori.
    (Non ho mai votato alle elezioni greche, per una questione logistico-burocratica, ma se dovessi farlo, onestamente, non saprei davvero che cosa fare.)

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